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Cosa sapere sull’hashish

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La canapa è una pianta che fa parte della vita dell’uomo da tempo immemore. Coltivata da migliaia di anni, è sostenibile - cresce in condizioni avverse per altre specie, motivo per cui è considerata vantaggiosa quando si tratta di combattere il consumo di suolo - e richiede molte meno risorse rispetto ad altre fibre.

Nel momento in cui la si chiama in causa, sono diverse le parole ad essa associate che è naturale citare. In questo novero, rientra il termine “hashish”. No, non è un sinonimo di cannabis! Molto spesso, viene utilizzato in maniera non corretta. Se ti interessa capire di cosa si parla di preciso quando si utilizza questa parola, non devi fare altro che proseguire nelle prossime righe di questo articolo.

Hashish: di cosa si tratta?

Partiamo dalle basi, ricordando che quando si parla di hashish si inquadra una sostanza con effetti psicoattivi derivante dalle infiorescenze femminili della cannabis. Siamo quindi in un campo diverso rispetto a quello della cannabis light legale regolamentata dalla Legge 242/2016, testo normativo entrato in vigore nel gennaio dell’anno successivo e grazie al quale, oggi come oggi, in Italia è possibile consumare, coltivare e commercializzare la cannabis con una quantità di THC non superiore allo 0,2% (la soglia di tolleranza messa in primo piano dal legislatore è pari allo 0,6%%).

Da dove deriva il nome?

La parola “hashish” deriva dall’arabo. La teoria più accreditata in merito all’etimologia lega questo termine alla setta del Vecchio della Montagna, un gruppo di devoti islamisti che, dopo aver assunto questa sostanza, avrebbero commesso efferati omicidi. In particolare, sulla base della suddetta teoria, spesso contestata, si sarebbe trattato di omicidi di natura politica.

Modalità di produzione

Sono tanti gli aspetti da prendere in considerazione quando si parla di questo estratto psicoattivo della cannabis. Un punto senza dubbio importante è quello delle modalità di produzione. A livello globale, è possibile individuare diversi approcci all’estrazione dell’hashish.

Ecco i dettagli in merito:

  • Tecnica indiana: in questo caso, non si ha a che fare con il taglio delle piante. Nel corso del periodo di fioritura, procedendo a più riprese, si prendono le infiorescenze e le si sfregano tra le mani. La procedura appena descritta avviene direttamente nei campi.
  • Tecnica nord africana: in questo frangente, guardiamo in particolare alla tecnica che viene praticata in Paesi come il Marocco e l’Egitto. Cosa prevede di preciso l’approccio? Prima di tutto, il fatto di raccogliere e tagliare le piante mature. Il passo successivo prevede di scuotere o sbattere il materiale vegetale all’interno di una stanza chiusa o in delle buste di plastica. In questo modo, è possibile estrarre la resina, ma anche i pistilli delle infiorescenze femminili. Il processo non finisce qui! Dopo lo step appena citato, infatti, si sottopone a pressione il materiale sopra citato.
  • Tecnica olandese: la tecnica di estrazione dell’hashish tipica dei Paesi Bassi prevede l’utilizzo del ghiaccio e dell’acqua. In questo modo le fibre, che vengono successivamente frullate, si sbriciolano al meglio.

Come assumere l’hashish

A questo punto, è naturale chiedersi come assumere l’hashish. Esistono diverse alternative utili al proposito. Tra queste è possibile citare la sigaretta artigianale, che prevede il mix tra materia estratta dalla cannabis e tabacco, ma anche la vaporizzazione.

Proseguendo con l’elenco dei metodi di assunzione dell’hashish, non si può non chiamare in causa i bong, così come le pipe ad acqua. Queste alternative vengono considerate il non plus ultra per chi ha intenzione di apprezzare al massimo l’aroma dell’estratto.

Hashish e marijuana sono sinonimi?

La risposta è no. Nel primo caso, infatti, si inquadra un prodotto derivante dalla resina derivanti dai tricomi presenti sulle cime fiorite di cannabis. Quando si ha a che fare con la marijuana - che ha un livello inferiore di THC - alla base di tutto ci sono le infiorescenze essiccate della pianta.

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