Il Palinuro è una nave goletta. Armata con tre alberi di cui il primo, posto a prua, detto trinchetto, è armato con vele quadre, mentre gli alberi di maestra e di mezzana sono armati con vele di taglio (rande, frecce e vele di strallo). A questi si aggiunge anche il bompresso, un quarto albero che sporge quasi orizzontalmente da prua, armato con vele di taglio (fiocchi). Nave Palinuro ha una superficie velica complessiva di circa 1.000 mq., distribuiti su 15 vele. L'altezza degli alberi sul livello del mare è di 35 metri per il trinchetto, 34,5 metri per la maestra e di 30 metri per l’albero di mezzana. (Palinuro 2015, approfondimento...)
Nave Palinuro svolge due compiti principali: offrire il supporto necessario alla formazione degli Allievi Sottufficiali e contribuire alla proiezione d’immagine della Marina Militare. Infatti ospita le campagne d’istruzione annuali, quando a bordo della nave, oltre all’equipaggio, imbarcano gli allievi delle scuole navali militari. Caratteristiche le soste nei porti nazionali ed esteri, durante le quali la Nave testimonia con orgoglio le più antiche e alte tradizioni della Marina Militare.
Il mito del nome Palinuro
Secondo la tradizione mitologica evocata dal poeta Virgilio nell'Eneide, Palinuro era il timoniere della nave di Enea, amato e stimato per la sua dedizione, fedeltà e la grande perizia marinaresca.
La dea Venere, preoccupata per l’incolumità della flotta di Enea, si rivolse a Nettuno affidandogli la salvezza delle navi troiane che risalivano il Mar Tirreno verso le coste laziali. Il Dio del mare acconsentì a proteggere la flotta chiedendo in cambio la vita di un troiano. L’uomo prescelto per il sacrificio fu proprio Palinuro, fidato timoniere ed amico di Enea.
Al giungere della notte, il Dio Sonno mandato da Nettuno cercò di convincere Palinuro a lasciare il timone e addormentarsi. Non riuscendo a convincerlo, Sonno lo addormentò bagnandolo con le acque del Lete, il fiume dell’oblio, e lo gettò in mare. Rimasto tre giorni alla deriva, Palinuro riuscì ad approdare stremato sulla costa campana dove, appena giunto, fu ucciso dagli indigeni che lo scambiarono per un mostro marino. Il suo cadavere rimase insepolto.
Sceso all'Averno, Enea incontrò l'ombra del suo timoniere che gli chiese rituale sepoltura affinché la sua anima potesse riposare in pace. Le stesse popolazioni indigene che lo avevano ucciso, costrette da prodigi divini, cercarono il cadavere, lo seppellirono ed eressero in suo onore un tempio sul promontorio poi chiamato Capo Palinuro.
Il nome “Palinuro” si tramanda da più di un secolo nella storia della Marina Militare Italiana. Già nel passato altre cinque navi della Marina hanno portato questo nome.